L’agricoltura nazionale, già messa a dura prova da un Mercato Comune Europeo che non perdona, soprattutto grazie anche all’entrata, di paesi emergenti dell’Est, deve ora confrontarsi col fenomeno Sudamericano chiamato Nutria. Danni ingenti da Nord a Sud e provvedimenti da parte degli organi competenti che rasentano il ridicolo.
La Nutria Myocastor Coypus fa parte della famiglia dei roditori e somiglia molto ad una grande pantegana. Può raggiungere i sessanta centimetri di lunghezza più altri quaranta di coda per un peso pari a sei chilogrammi per le femmine e il doppio per i maschi. Di origine sud americana oggi è presente in tutta l’Europa, la Russia e gli Stati Uniti Meridionali. In Italia è particolarmente presente in tutta la zona della Pianura Padana fino all’Umbria. E’ stata avvistata in molte altre città italiane compresa la Sicilia. Sembra che abbia il labbro leporino dal quale spuntano due incisivi di colore arancione. Famosa la sua pelliccia, meglio conosciuta come castorino, ben fornita di una lanuggine densa e morbida dalla colorazione variabile. E’ facilmente visibile lungo i corsi d’acqua, specialmente dove la corrente è pressoché inesistente e l’ambiente è particolarmente tranquillo. Animaletto erbivoro predilige quella tipologia d’erba lattiginosa, come ad esempio i chicchi di mais prima di giungere a maturazione, oppure le risaie, le piante idrofite o i rizomi. Nidifica prevalentemente scavando tane, larghe anche cinquanta centimetri lungo gli argini, creando un vero e proprio labirinto di gallerie, indebolendo i terrapieni.
I danni causati dalla Nutria: la grande abbondanza di cibo messa a disposizione dall’agricoltura permette alla Nutria di spostarsi tra raccolti e coltivazioni. La mancanza di un predatore naturale gli consente una proliferazione senza contenimento, soprattutto grazie al fatto di essere poliginico e di sottomettere quindi un quantitativo enorme di femmine, distribuite nel territorio a seconda delle caratteristiche ambientali. La sua naturale abitudine di utilizzare punti di vedetta rialzati come i nidi di particolari specie di uccelli produce effetti devastanti oltre a causare una notevole forza di disturbo verso quelle specie che sostano periodicamente negli ambienti acquatici, come ad esempio gli uccelli migratori. Le abitazioni a forma di lunghi cunicoli con camere per il parto, per il riposo e adibite a magazzino, vengono scavate lungo gli argini dei corsi d’acqua e quelli che costeggiano le strade, durante gli acquazzoni diventano un pericolo per gli automobilisti in quanto non avendo un’arginatura compatta, cedono sotto la pressione dell’acqua causando allagamenti. Il Myocastor Coypus è anche dannoso per la biocenosi acquatica vegetale poiché contribuisce in modo importante ad alterarne il biotipo. Se il terreno non è prevalentemente pietroso, tale da impedire lo scavo di tane, le nutrie si spingono anche fino a mille metri.
Come diceva il buon Michele Lubrano "A questo punto la domanda sorge spontanea": com’è possibile che un animaletto originario del Sudamerica riesca, nel nostro paese, a causare tanti danni? Com’è arrivato in Italia e perché e soprattutto, com’è riuscito a riprodursi in modo così frenetico ed incontrollato sotto gli occhi di tutti?
Ricordate la famosa pelliccia di castorino? Dagli anni venti circa in tutta Europa e in molti altri paesi del mondo, si è diffuso l’allevamento di nutrie per farne appunto pelliccia “economica”. Molto spesso si trattava di allevamenti a conduzione famigliare, spesso non denunciati e senza alcun tipo di controllo, giusto per arrotondare le entrate domestiche. Verso la fine degli anni settanta questo genere di attività cessa di essere remunerativo. La conseguenza è un selvaggio ed incivile rilascio degli animali nell’ambiente circostante e, la fuga degli stessi, da quegli allevamenti abbandonati, con la speranza degli ex proprietari di una fine imminente dei poveri miocastoridi. Prendono corpo le prime famigliole di nutrie, abbastanza consistenti che destano agli occhi della gente che li osserva, una certa curiosità e perplessità. In poco tempo diventeranno vere e proprie colonie ormai incontrollabili con i normali mezzi di verifica e contenimento.
La reazione della comunità è stata quella di una richiesta d’intervento immediato e di contenzione del problema che di primo acchito la gente ha cercato di risolvere arbitrariamente, dando ampio spazio alla propria fantasia. Essendo impossibile una eradicazione della specie esotica, la Regione Emilia Romagna, adottando il decreto 760 del 17 ottobre 1995, ha tentato di arginare il problema promuovendo l’utilizzo di gabbie-trappola. Il sistema in questione poteva essere funzionale se le gabbie-trappola fossero state selettive. Molti agricoltori raccontano infatti di catture indesiderate come gatti, lepri, volpi e qualche altro piccolo roditore con conseguente moria di alcune specie, anche protette. Le nutrie catturate, dovevano essere condotte, a spese dell’agricoltore, presso una Stazione di Guardia Provinciale per l’abbattimento tramite gas in modo indolore. Da Mantova a Pavia, dal Piemonte al Friuli si lamentano danni ingenti di ogni tipo. La città dei Gonzaga così come quella patavina, hanno invece adottato il piano di abbattimento, il cui richiedente deve essere il proprietario del fondo agricolo dove si intende o agire, previa compilazione di un modulo, senza alcuna spesa. Il comandante della Polizia Provinciale di Vicenza informava già nello scorso aprile che i proprietari terrieri che hanno subito danni da questo animale possono ricevere un risarcimento. Per quanto riguarda il contenimento della specie è stata istituita una task force di un centinaio di uomini addestrati per l’abbattimento con il fucile di tale animale, così come previsto dalla legge.
A questo punto gli animalisti insorgono presentando ricorso presso il TAR del Piemonte, il quale lo accoglie sospendendo tutti gli abbattimenti nelle zone di propria competenza. Anche l’E.N.P.A. di Vicenza ha presentato ricorso al TAR. Chiedono inoltre a gran voce che sia rispettata la legge e la legalità, molti animali catturati nelle gabbie-trappola vengono lasciati morire di stenti o addirittura annegati. Abbattere le nutrie che hanno cuccioli significa destinare ad una morte certa ed atroce anche 12/13 cuccioli per femmina, cosa assolutamente non degna per un paese che si definisce civile. Ciò che lascia l’amaro in bocca è che ancora una volta per mano dell’uomo e per meri interessi economici si passino per le armi animali con l’unica colpa di esercitare la propria natura. Ai vecchi proprietari degli allevamenti non sono mai state applicate adeguate sanzioni amministrative tali da poter almeno in minima parte riparare ai danni causati. Sembra un paradosso ma le Province di fatto ne agevolano la riproduzione consentendo l’abbattimento del loro naturale predatore: la volpe. La motivazione, anche qui, è assolutamente economica, infatti la volpe andrebbe ad infastidire i cacciatori e le loro prede. Sappiamo quale business ruoti attorno alla caccia. Vengono liberati migliaia di fagiani nei vari territori per incoraggiare il mondo venatorio e si abbattono le volpi perché nemiche dei cacciatori. Oltre a tutto ciò si è detto della nutria che è un potenziale veicolo per malattie ma in realtà non lo è più del topo o del ratto, coi quali abbiamo a che fare da sempre.