La Libia dapprima, assoggettata alla dominazione turca, fu in seguito colonia italiana dal 1911 fino alla Risoluzione ONU del dicembre del ‘50. Con Re Sidi Muhammad Idris al-Mahdi al-Senussi il popolo italiano stava bene. Idris aveva costruito una società multinazionale che si era bene amalgamata. Il Re tenne il suo trono dal ‘51 al ‘69. Gli succedette il nipote Sayyid Hasan I di Libia che regnò un solo giorno a seguito del colpo di stato messo in atto da Muammar Gheddafiallora solamente tenente. Nell’ottobre del ’56 un trattato regolamentò i rapporti di collaborazione economica, tra Italia e Libia ponendo una pietra tombale su questioni tra i due stati derivanti dalla risoluzione ONU. Il primo settembre 1969 Gheddafi opera il suo colpo di stato. Adotta restrizioni sempre più rigide verso gli italiani fino al decreto di confisca del luglio del ‘70 emanato per "restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori". I nostri connazionali furono privati dei loro beni, sottoposti a vessazioni e costretti a lasciare il paese entro il 15 ottobre del ’70.
Osvaldo Cantone,
fotografo da Verona, si trasferisce in Libia negli anni ’40 con la moglie Pierina. Aprirà un negozio, inerente la sua professione, nel viale principale di Tripoli. Il suo talento e la sua
intraprendenza lo porteranno presto alla corte di Re Idris e ne diventerà uno dei fotografi personali, realizzando molti servizi fotografici. Conoscerà anche il tenente
Muammar Gheddafi
che faceva parte delle guardie personali più fidate del Re. Nel ’46, a Tripoli, nasce il primogenito Aristodemo che oggi vive a Verona. Racconta che gl’italiani non erano ben visti dalla
maggior parte dei libici, soprattutto da quelle persone che avevano vissuto il fascismo italiano e che hanno tramandato ai figli il loro credo politico, per cui i rapporti con loro non erano
facili, soprattutto per un ragazzino che cercava integrazione. Osvaldo in Libia aveva alcuni fratelli: uno si occupava di trasporto petrolio, uno era impiegato nei Vigili del Fuoco, un altro
ancora era proprietario di un bellissimo hotel nel centro di Tripoli. Nel frattempo viene concepito il fratello Ezio, ma la difficile gravidanza costringerà Pierina a rientrare in Italia
per una migliore assistenza al parto. Dopo due anni la mamma ritorna col figlio in Libia. Sia Aristodemo che Ezio frequenteranno la scuola primaria a Tripoli anche se la preparazione non sarà
delle migliori.
Oltre alla lingua italiana insegnavano anche l’arabo. L’infanzia trascorsa in Africa era tutto sommato
tranquilla, ricordano i fratelli Cantone, le domeniche si trascorrevano al mare, in spiagge stupende, all’ombra di palme enormi. Si operava con tranquillità e il lavoro non mancava. Abitavano
nell’interland di Tripoli, e la loro casa era una tipica costruzione locale, con una grande terrazza al posto del tetto, di colore chiaro. Tripoli era una bella città, ricca di immensi giardini e
grandi strade. La famiglia Cantone aveva fatto fortuna ma ancora ai tempi di Re Idris, Gheddafi, da sempre rivoluzionario
fanatico, combinava ogni tanto qualche malefatta. Essendo a stretto contatto con la famiglia reale, Osvaldo percepisce che qualcosa comincia ad andare storto già alla fine degli anni ‘50 e decide
di tornare a Verona, lasciando la famiglia a Tripoli, per cercare una sistemazione in Italia.
Trova lavoro da Mondadori. Quindi ritorna a riprendersi la famiglia e nel ’60, come profugo, rientra definitivamente in Patria. Il vescovo di Tripoli, il Cardinale Martinelli, era cugino delle famiglia Cantone. Fu fatto arrestare da Gheddafi perché sospettato di essere una spia italiana e messo in carcere. Stette prigioniero in Libia per quasi sei anni e poi rispedito in Italia. I profughi hanno lasciato in Libia tutti i loro averi, e sono partiti con i soli vestiti che avevano addosso. Una mattina le guardie di Gheddafi, di primo mattino si presentano a casa dei nostri connazionali, vengono picchiati, fatti alzare e condotti al porto per essere rimpatriati in Italia, violando di fatto il diritto internazionale e gli accordi ratificati dall’ONU.