Dati
allarmanti per moltissime piccole e medie aziende che chiudono i battenti quotidianamente, non solo del Veneto ma di tutto il Bel Paese. Lavoratori in cassa integrazione, altri senza lavoro e
altri ancora in vista della pensione, senza alcuna prospettiva futura per maturare i tempi. Troppi soldi alle banche con i Tremonti Bond e a certe grosse imprese che non hanno avuto la necessaria
lungimiranza imprenditoriale per investire nella qualità e per essere competitivi in un mercato drogato da quelle poche aziende rimaste che pur di vendere i loro prodotti abbattono i prezzi e
rinunciano ai margini pur di rimanere competitivi e non essere sommersi dal fenomeno crisi. Probabilmente ci troviamo di fronte ad un giro di boa del mondo del lavoro e dell’economia mondiale; la
grande concorrenza dei paesi emergenti ha costretto alla ridefinizione di leggi di mercato obbligando tutti a scelte sofferte e difficili. Il Nord-Est ha avuto un mercato che si è sempre
autoalimentato come un volano autonomo, permettendo una certa tranquillità e le politiche mirate a mantenere uno status equilibrato sono sempre mancate.
Correre
ai ripari in questo momento ha il sapore di un violento salto nel passato più scuro. Molti gli imprenditori e i lavoratori che si sono dati la morte per disperazione e per il timore di non
riuscire a pagare dipendenti, banche e fornitori. Eppure, nonostante questo panorama apocalittico esistono ancora margini per salvare imprese e lavoratori. E’ il caso della Salvagnini Italia che
ha sede a Sarego. Dal 1963 concentra l'attività sulla progettazione e produzione di dispositivi per il trasferimento e la manipolazione della lamiera tra presse. Un’azienda moderna che investe in
ricerca. La crisi non risparmia nessuno e dopo circa tre mesi di trattative tra sindacato, lavoratori e proprietà si è giunti ad un’esemplare soluzione. A Raffaele Consiglio, segretario
generale della F.I.M. – C.I.S.L. di Vicenza, che è la prima organizzazione sindacale della provincia per numero di iscritti, abbiamo rivolto alcune domande: quali sono i motivi per cui il
sindacato è stato costretto ad intervenire presso la Salvagnini?
“L’UCIMU che è l’unione produttori delle macchine utensili, tra l’altro il primo settore dell’esportazione in Italia,
aveva già previsto da tempo una crisi di mercato molto pesante del settore, a fronte di quanto succede nel mondo. Il calo degli ordinativi del segmento è pari al 35%. Un dato pesante. La
Salvagnini si è trovata in una porzione complicata dove il fatturato è precipitato. A ciò si è accompagnato il fatto di trovarsi in un mercato strettissimo e offuscato da concorrenza spietata
anche da parte di aziende meno solide della stessa. Le crisi fanno selezione e Salvagnini si è trovato davanti ad una necessità. Ristrutturasi in modo da liberare le risorse da investire per il
futuro. Tra i piani di ristrutturazione per adeguare i costi al mercato attuale, la riduzione del personale, circa 150 persone, oppure produrre in Cina”.
Quale soluzione è stata adottata.
“Grazie ad un management, alla proprietà e anche all’intervento e alla trattativa sindacale siamo riusciti a disegnare un accordo che prevede dei sacrifici da parte di tutti, a tutti i
livelli, sulla riduzione dei costi compreso il personale. L’accordo è stato votato con l’87% a favore, quindi per un periodo di transizione si riducono alcuni costi, si congela il premio del
risultato per un anno, si diminuiscono alcune voci di indennità e a fronte di ciò la Salvagnini, sviluppa, investe e si impegna a dare continuità al sito produttivo di Sarego. Questo accordo, in
prospettiva, crea sviluppo. Non viene fatta cassa integrazione e Salvagnini si è reso disponibile per il contratto di solidarietà. La cassa integrazione copre fino ad un massimo di 900 € e cioè
circa l’80% di uno stipendio lordo, mentre il contratto di solidarietà copre l’80% reale del salario; se ipoteticamente un lavoratore ha uno stipendio lordo di 1.300 € ha una copertura di 900 €
come massimale. Col contratto di solidarietà ed una retribuzione ipotetica di 1.600 €, percepirà 1.280 €”.
Che previsioni possiamo fare a medio termine per Salvagnini.
“Impossibile fare delle previsioni attendibili. Ora il problema che abbiamo è gestire gli orari col consenso dei lavoratori che soddisfi i bisogni dell’impresa. Nel 2010, se l’accordo funziona
e riusciamo ad essere produttivi, sarà sicuramente un anno molto più positivo del 2009. Se riduciamo i costi, crescono i volumi e possiamo dare lavoro anche per l’indotto. Questa crisi non ha
solo ridotto i volumi ma ha frazionato di gran lunga i margini e questa è la preoccupazione maggiore. Molte aziende portano a casa fatturato senza guadagno”.