Pugilato:
uno sport nel tempo amato e contestato. La Nobile Arte, raccontata nei film come lo sport del ghetto è vista da alcuni giovani come l’unica possibilità per tentare la fortuna, per
prendersi una volta per tutte quella rivincita sulla società che li ha emarginati, dimenticati. Si dice che la boxe sia uno sport violento. Forse il contatto fisico palese, spaventa la gente che
preferisce uno sport dichiaratamente non violento come il calcio ma che dietro se trascina morti e feriti a non finire. La violenza che si vede sul ring è tutta lì. Quella negli stadi è subdola
può sfociare in ogni momento. E’ una rabbia che si trasforma in guerra tra tifoserie, ricordiamo la carneficina dello stadio Heysel. Giocatori che picchiano gli arbitri, razzi lanciati dagli
spalti, poliziotti che rincorrono tifosi armati fino ai denti. I quotidiani del lunedì riportano quasi sempre in prima pagina notizie di questo tipo mentre per quanto riguarda la boxe si scrive
qualche articolo di spalla con poche righe. Gli incontri di pugilato sono un crogiolo di sudore, fatica, impegno e passione. Il cachet di un pugile è ben lontano dai compensi di un calciatore, i
pugni che incassano non sono mai abbastanza pagati.
Andrea Trevisan
classe ‘81 nasce a Lonigo. Fin da bambino coltiva la passione per il pugilato. Segue gli incontri alla televisione, il suo idolo è Cassius Clay. E’ un peso massimo, 91 kg di potenza, un fisico
possente ma con un cuore grande da sportivo. Un pugile a Lonigo, dove va ad allenarsi? “Lonigo non offre strutture, avevo cercato nei dintorni ed avevo trovato una palestra a Montecchio
Maggiore. Non fu un’esperienza felice. Ad Arquà Petrarca ho trovato la palestra del maestro Antonio Tasinato. E’ un ex asilo ben attrezzato per l’allenamento del boxeur. Non sono moltissimi i
ragazzi che praticano la box ma il numero sta lentamente crescendo”. La storia cinematografica narra di pugili che provengono da umili origini o comunque legati a storie difficili. E’
davvero così? “Si direi che in parte è vero, lo stile di vita ha certamente influenzato questo sport. Negli Stati Uniti d’America le palestre erano nascoste in vecchi garage, strutture
abbandonate e magari scarsamente igieniche. C’era sempre qualche buon’anima disposta a mettersi in gioco per tentare di salvare dalla vita di strada qualche giovane, fornendo un’opportunità. In
Italia le cose sono diverse, io non vivo in un ghetto e pratico questo sport. Esiste di fatto una forma caratteriale introversa che ci accomuna, forse proprio il desiderio di una rivincita
morale”.
A quale pugile fa riferimento il tuo stile?
“Fra tutti prediligo Muhammad Ali senza ombra di dubbio. Tyson per quanto fosse un campione era privo di umiltà e trasgrediva le regole. Riguardo spesso qualche documentario storico di match
che hanno scritto pagine importanti della box. Tra gli italiani direi che il compianto Parisi era quello con maggiori possibilità e tecnica”. Qual è il segreto per essere un buon pugile e
qual è la tua caratteristica. “Ci vuole moltissima umiltà e rispetto. Molta preparazione e determinazione. E’ necessario credere in se stessi. La paura è una compagna fedele. Bisogna
imparare a conviverci. E’ un elemento indispensabile per controllare le altre emozioni e per non fare errori inutili. Il maestro Tasinato mi ricorda sempre che nei suoi ottanta incontri aveva
sempre paura ma è l’istinto sportivo agonistico che ti spinge a continuare. Quando il match termina abbracci il tuo avversario in senso liberatorio e fraterno. Avere condiviso con lui quei
momenti innesca un sentimento che inizia e finisce solo sul ring. Sono un grande incassatore e mi studio gli incontri riguardando più volte i nastri delle
registrazioni”.
Quanti incontri hai sostenuto fino ad oggi. “Gli incontri sono stati quattro, tutti vinti. Si trattava di quattro gare da due minuti. Entro fine settembre ci sarà qualche altro incontro. La nostra palestra si incontra spesso con la repubblica Ceka e con dei ragazzi di una palestra di Cavarzere e di Chioggia”. Qual è il tuo obiettivo oggi. “Avendo tempo e possibilità non voglio mai mollare questo sport. Ho iniziato tardi anche se il maestro dice questa è l’età giusta poiché la maturità aiuta a perseguire gli obiettivi con testa. Nella mia categoria è indispensabile avere ponderatezza e tecnica. Adesso voglio fare più che posso col massimo impegno”. Quanto importanti sono i secondi a bordo ring. “Sono determinanti al fine dell’incontro. Il maestro ha una visione differente da chi combatte e quando fornisce un suggerimento è sempre prezioso. Quando sono sul ring vedo solo l’avversario e ascolto le parole del maestro. Vedo sempre che i colpi che chiama vanno sempre a segno. Alla fine la vittoria è condivisa col maestro, è come se lui fosse accanto a te”.