L’epoca della vendita in quantità industriale di materiale discografico su supporto è terminata. Nessuno potrà dimenticare il vinile che per molto tempo ha certamente fatto da padrone. Odiato e amato, delicato e sensibile ha accompagnato il cammino di generazioni e sconvolgimenti politici senza mutare per anni. Poi negli anni ’80 in Italia si cominciava a sentire parlare di suono digitale e laser disc. Di li a poco il mercato è stato soppiantato dai cd ed ognuno poteva confezionarsi in casa a proprio piacimento le compilation dei suoi desideri, cosa impensabile prima. Nastri e cassette dalle dimensioni assurde andavano lentamente scomparendo. Gli stereo nelle automobili ridimensionavano le loro misure ed i portaoggetti tiravano un sospiro di sollievo. L’avvento di internet ha fatto il resto. Ora la musica la possiamo scaricare da provider a pagamento sotto forma di Mp3 oppure c’è chi da Torrent o eMule ne approfitta illegalmente. C’è chi sostiene che la musica stia morendo, chi asserisce che tutto quello che c’era da dire è stato detto, chi invece segue l’evoluzione e apre una nuova fetta di mercato. Arturo Battocchia, almisanese, è stato negli anni sessanta uno dei pionieri della musica delle nostre zone. Ha suonato e cantato con numerosi artisti importanti come Fausto Leali, l’Equipe 84, Caterina Caselli, Gianni Morandi, i Giganti e molti altri. Le differenze tra ieri e oggi per accedere ad una certa visibilità televisiva. “Mi ricordo quando agli inizi degli anni ’60 andavo a registrare a Milano a casa di Carlo Alberto Rossi, sua mamma mi adorava e ho davanti agli occhi quando mi apriva la porta. Carlo Alberto, negli anni ’50 è stato il fondatore della Casa Editrice Ariston e in oltre quarant’anni di carriera ha composto oltre 600 temi cantati dai più grandi artisti del mondo come Mina, Bing Crosby, Pat Boone, Tom Jones, Nat King Kole e molti altri. Quando a quei tempi si andava a suonare in sala di registrazione, non avevamo nessuno alle spalle che ci desse una mano, una spintarella. Avevamo solo la nostra preparazione musicale, la nostra passione e null’altro. Oggi i ragazzi non hanno cultura musicale, pochi hanno studiato lo strumento e per accedere alle varie sale, spesso hanno bisogno di essere “aiutati”. Lei ha avuto una vita da professionista per circa tre anni. Quali sono state le difficoltà maggiori e perché ha lasciato? “Durante le serate, vedevo i miei colleghi, anche importanti come Lucio Dalla, Renato Zero e molti altri che cantavano e basta, non avevano altra preoccupazione che quella. Io oltre che a cantare dovevo anche mettermi a contrattare le serate e non potevo fare l’una e l’altra cosa. Non potevo essere imprenditore di me stesso. Questa è stata la difficoltà incontrata e il motivo principale per cui ho abbandonato. Spesso si prendeva il treno per andare a Milano a provare in sala d’incisione e si rientrava alla mattina presto e poi al lavoro, era una sfacchinata. Oggi i ragazzi provano nei garage, con l’avvento dell’informatica ed il potenziamento tecnologico, ognuno può farsi un prodotto accettabile in casa”. Il successo discografico sembra oggi essere ancorato al rispolvero delle cover. E’ già stato detto tutto in campo musicale? “Magari proprio tutto no, ma molto si, ci sono nuove proposte veramente azzardate, autentico baccano e poche iniziative apprezzabili. Chi non ha la cultura musicale oggi, si avvale di software dedicato e con un minimo d’impegno riesce a fare qualcosa. Si sta sconvolgendo un passato meraviglioso di musica pura. Molti cantanti famosi hanno fatto ricorso alle cover, non solo gli emergenti e il motivo fondamentale è che la musica di una volta aveva dentro l’anima, le note, la melodia, la passione e soprattutto il sacrificio. Oggi si vuole tutto e subito senza sforzo”. Dalla rivoluzione dalla musica classica di inizio secolo al rock di oggi, poco meno di 100 anni di esagerata evoluzione per dire già tutto. Com’è possibile. “La musica classica è da sempre stata per palati raffinati e si scriveva su commissione spesso per la monarchia di un tempo, vedi l’esempio di Mozart. E’ stata un’evoluzione, un passaggio anche se il rocker pentito degli ex Police, Sting, sostiene che sia stata una “nullità reazionaria”, lui, che da tempo è proiettato verso le opere di Bach. Fra questi due estremi la storia ci racconta di una musica nata mixando il blues nero e il country bianco. Il cantante del Michigan Bill Haley con la canzone “Rock around the clock” sarebbe stato alla base di uno sconvolgimento musicale epocale. “One, two, three ‘o clock, four ‘o clock, rock” così la chitarre di Bill Haley sconvolsero una platea di un cinema londinese a cui seguirono ferimenti, svenimenti e vandalismi. Era cominciata la pandemia del rock’n’roll. In Italia avevamo Natalino Otto, Nilla Pizzi, Gino Latilla, Claudio Villa, tutti autentici cantanti. Dagli States giungevano, grazie all’avvento dei media, Chuck Berry, Fats Domino, B. B. King fino a giungere al “shake it, baby” di Elvis Presley. Secondo me non importa stabilire se si tratta di arte, ciò che è da considerare è il modo in cui comunica. La gente era stanca della guerra, di fare gli yes men e voleva la libertà della persona sotto l’espressione musicale”. Questo sembra essere un po’ il quadro dell’evoluzione musicale attraverso il quale sono passati tutti i generi, dal surf dei Beach Boys al rap bianco di Eminem. I conflitti mondiali, il sangue versato nei delitti politici che hanno segnato la storia e la guerra fredda hanno indubbiamente contagiato gli autori nella scrittura dei testi e l’evoluzione e la sperimentazione musicale è stata assolutamente inevitabile. Mario Percali ha una sala d’incisione a Lonigo ed assieme ad altri artisti è un produttore discografico che ha ottenuto ottimi successi. Quando nasce Mario Percali discografico? “All’inizio degli anni ’80 inizia la mia avventura di discografico assieme ad un gruppo di altri artisti. Abbiamo costruito vari personaggi come i “Black Machines” che sviluppavano un funky particolare e con loro abbiamo venduto tre milioni di copie e ottenuto un disco di platino. Ho un forte contratto con una multi nazionale inglese che è la titolare della EMI ed è la Chrysalis alla quale consegno periodicamente i miei prodotti musicali”. Nel basso vicentino ci sono persone che si propongono? “Purtroppo no, nessuno che si presenta, per fortuna esiste internet e tramite il sito Myspace riusciamo ad avere qualche contatto interessante. Noi cerchiamo voci da sottoporre a valutazione, ma anche gruppi e questo lo possiamo considerare un appello. Noi facciamo la musica, dall’house al pop, le voci ci interessano. Abbiamo un gruppo di voci femminili del Ghana che sono venute in sala di registrazione da me alle quali ho fatto ascoltare alcune basi. Si sono messe a fare un coro a cappella da brivido. Ora valutiamo il da farsi”. Con quale tipo di artisti lavora Mario? “Vari musicisti di tutto il mondo che vivono la realtà musicale. Internet ha unito le distanze, ci si passa il materiale in tempo reale e si lavora molto. La fiacca della vendita del supporto musicale è dovuta anche a questo, tutti scaricano. I peer to peer danneggiano la musica, esistono dei gestori ai quali affidi la tua musica che viene scaricata a pagamento e così si riesce a portare a casa qualcosa ma è poco. Internet ha avvicinato le collaborazioni ma ha contribuito a fare chiudere un sacco di case discografiche. Milano era la città della musica, ora non c’è quasi più nulla”. Un giudizio su quei format come Xfactor che selezionano voci nuove: sono validi? “Cercano secondo me, una particolarità nuova in una voce, una testimonianza recente è Giusy Ferreri. Deve colpire qualche segnale innovativo a prescindere dalle qualità. Questo con l’arte della musica non c’entra nulla”. Progetti in atto? “Sto collaborando con degli artisti degli anni ’70 tipo Paul Young, Tony Hadley e con Leroy Gomez dei Santa Esmeralda. Vediamo cosa ne esce”.