Antonio Niego, ultramaratoneta, nasce a Vigevano 54 anni fa. La mamma era una mondina. Appena trasferiti nel vicentino, dopo 17 giorni fu messo nel collegio di San Rocco a Vicenza dove fece 5 anni di asilo. Poi a Santorso dove terminò la prima elementare e la prima comunione. Fu in seguito al collegio di Longara dove c’era una suora egiziana tremenda che tra pugni, pizziconi e le nocche delle dita tentava di mettere in riga i ragazzi. Infine al collegio San Domenico dove fece fino alla seconda media. Le passeggiate e le escursioni fatte durante i soggiorni in collegio hanno maturato il Antonio la voglia di correre.
A sedici anni la sua prima marcia campestre in località Lobbia Vicentina. Da quel momento la corsa a piedi diventa la sua filosofia di vita. A vent’anni partecipa alla prima cento chilometri al “Passatore” presso Firenze. Perché si definisce un ultramaratoneta? “E’ necessario spiegare che esiste la maratona che è lunga 42 chilometri e 195 metri; la mezza maratona che è 21 chilometri e 97 metri e le ultramaratone che hanno un percorso superiore a quello della maratona senza limite. Mi definisco in questo modo perché ho partecipato a diverse competizioni oltre i cento chilometri. A Cesenatico ho corso la “Nove Colli Running” che è un percorso di Fausto Coppi che viene fatto sia in bicicletta che a piedi. Esiste un tempo limite e dei cancelli a 60, 88, 100, 158 e 200 chilometri. Bisogna passare questi cancelli in tempo limite previsto altrimenti si viene fermati”. La maratona più importante qual’é stata? “Sono stato a quella di Parigi, eravamo in 24000 ma non mi sono diverto. Troppa gente, troppo caos. Così come non mi interessa la maratona di New York; bella la città, la coreografia, certamente suggestivo il viaggio nella grande mela ma io prediligo le competizioni organizzate nei nostri paesi, tra i saliscendi delle nostre colline e alla scoperta delle nostre città”. Come si prepara fisicamente un maratoneta del suo calibro? “La mia non è una preparazione atletica vera e propria, durante la settimana lavoro e tutti gli week end vado a correre, così il mio fisico è sempre allenato. Faccio anche una maratona da cento chilometri al mese e due normali. E’ un abitudine che si assimila negli anni. Ho tempi di recupero incredibili. Corro di testa non di gambe, il mio intento è quello di arrivare in fondo alla competizione ma non di vincere. E’ una filosofia per rilassarmi, mente e gambe viaggiano in dimensioni parallele. Corro perché mi piace”. Un fisico per sopportare un iperlavoro da 100 chilometri e più con cosa si supporta? “Sali, carboidrati, barrette, elementi sotto forma di bustine che sciolgo nell’acqua sono elementi che prendo correndo per integrare altrimenti il fisico si sfibra. L’integrazione degli elementi che si perdono sudando e sforzando il fisico durante una competizione non deve assolutamente essere trascurato”. Le è mai accaduto di dovere stare a riposo forzato, per un periodo. Le sue gambe come hanno reagito? “Mi è accaduto nel 2002 quando ho avuto una tallonite fastidiosissima. E’ durata da luglio a novembre, ho fatto di tutto, dalle infiltrazioni di cortisone agli ultrasuoni ma non passava. Poi un giorno un mio amico mi ha portato da una di quelle persone che con le mani fanno i massaggi, soprannominato “mano calda” che nel giro di una ventina di giorni mi ha sistemato. Da quel momento ho ripreso a correre come prima. Debbo dire che ho sempre convissuto con i miei dolori, ho sempre evitato di prendere anti infiammatori o anti dolorifici e ho combattuto i miei disagi con la forza di volontà”.Il maratoneta Niego è iscritto a qualche gruppo podistico? “Si sono iscritto allo Sporting Club Mondadori di Verona, proprio dove c’è la sede dell’azienda. Si organizzano tante attività di beneficenza, soprattutto per i bambini e gente bisognosa”. Quante persone ci sono nel nostro circondario, maratoneti del suo taglio? “Non c’è nessuno in zona, esiste una donna a Brendola, una certa Zantedeschi Cristina che ora è stata convocata in nazionale perché ha fatto il “Passatore” di Firenze sotto le otto ore”. Cosa mi dice della maratona di Venezia? “L’ho fatta circa tre settimane fa ed è davvero suggestiva, si percorre la riviera del Brenta, poi si passa il Canal Grande su un ponte costituito da barche con delle assi sopra. La parte più brutta è l’arrivo al Tronchetto che è squallido, con tutte le ville che ci sono sarebbe meglio arrivare in un parco e sdraiarsi a recuperare le forze al verde di qualche albero”. Le è mai accaduto di assistere ad episodi da dimenticare durante le sue imprese? “Si, purtroppo accade di vedere gente esanime a terra che perde i sensi per lo sfinimento, so di giovani che hanno perso la vita a causa di un infarto. Bisogna effettuare i necessari controlli prima di intraprendere qualsiasi sport”.