Infermieri in agitazione ancora a causa delle grosse difficoltà di carico di lavoro cui sono costretti per la costante carenza di personale, specialmente turnista. Buste paga inadeguate e mai al pari con le evidenti responsabilità ed aggiornamenti continui. Non meno importante l’inasprimento delle fasce orarie di reperibilità del controllo fiscale in caso di malattia. Si tratta di oltre 11 ore, un vero e proprio sequestro di persona. Il decreto legislativo 66/2003 aumenta la flessibilità e riduce il diritto al riposo dopo il turno di reperibilità, aumentando di fatto il rischio di eventi negativi in un lavoro così delicato. Lo scorso ottobre, oltre 300 infermieri hanno manifestato di fronte a Montecitorio presentando ai vari parlamentari di passaggio le 10 note, documento in cui sono raccolte le varie richieste e rivendicazioni. Gli infermieri attivi in Italia cono più di 340.000 di cui 20.000 stranieri tra i quali 13.000 comunitari. Una professione quasi interamente al femminile, infatti solo il 23,3% degli infermieri italiani sono di sesso maschile. Al segretario nazionale del sindacato degli infermieri Nursind Andrea Bottega abbiamo chiesto di illustrarci la situazione attuale sul territorio. “In Italia mancano allo stato attuale circa 50.000 unità infermieristiche. Esiste un problema di carenza che rischia di sconvolgere la sanità mondiale poiché ad esempio, se nel nostro paese manca la risorsa, questo provoca una migrazione del sistema delle risorse infermieristiche. Il sistema sanitario importa le risorse oppure si riorganizza. Al nord abbiamo avuto il sistema dell’implementazione integrando la nuova figura di Supporto Sanitario così si è aperta una nuova strada per gli operatori Socio Sanitari. Da questo punto di vista il Veneto è decisamente una Regione all’avanguardia poiché in altre realtà la figura di Supporto Sanitario non è neppure presente. Le figure professionali si importano prettamente dal Brasile, Venezuela, Polonia e Romania e solitamente quelle che giungono da noi sono le migliori proprio per avere maggiori possibilità d’impiego. Coloro che immigrano in Italia per lavorare nel nostro sistema sanitario debbono essere iscritti all’Albo degli infermieri equiparandosi ai nostri canoni. Chi esercita nelle nostre strutture pubbliche o private ha avuto il titolo riconosciuto dal Ministero”.Lo stipendio di un infermiere a quanto ammonta all’incirca? “Varia dai 1.300 ai 1.400 €. Un infermiere turnista percepisce uno stipendio di 1.400 € con due anni di anzianità. Io ad esempio che ho alle spalle 20 anni di servizio percepisco 1.500 € al mese solo perché ho 3 scatti di anzianità. La grossa carenza di personale infermieristico la si individua maggiormente nei turnisti. La maggioranza del personale è donna quindi esistono di fatto delle assenze per maternità. Con un figlio che ha età inferiore ai tre anni esiste l’esenzione dal lavoro notturno. Nella realtà di Vicenza su 1300 unità operative, 70 sono assenti per tali motivi. Abbiamo inoltre più di 200 infermieri che sono esonerati dal sollevare carichi, molti di loro dovuti agli sforzi fisici effettuati nell’alzare e spostare gli ammalati”. Avete avanzato qualche proposta per la risoluzione di queste problematiche? “La proposta sindacale è quella di aumentare l’indennità di turno. Non è concepibile che tra chi opera di giorno e chi lo fa di notte, in busta paga ci sia una minima differenza di soli 150 €. Non dobbiamo dimenticare che la figura dell’infermiere è strategica. Il medico esegue l’intervento e le cure necessarie, ma se non c’è personale infermieristico attento che monitorizza e alla prima anomalia di segni clinici non conformi, avvisa il medico in tempo utile, il disservizio che ne risulta va a discapito del paziente”. Una situazione nel quadro generale che non può lasciare tranquillo nessuno. Le cifre parlano chiaro ed una carenza simile di personale non può che compromettere maggiormente un servizio di cui, purtroppo, prima o poi tutti dovremo servircene. Anche i rappresentanti sindacali Nursind, Massimo De Marchi e Pietro Giacomini non forniscono notizie rassicuranti. Giacomini lavora nell’ULSS 5 tra gli ospedali di Valdagno, Montecchio Maggiore, Arzignano e Lonigo. Com’è la situazione negli ospedali dove presta servizio? “E’ certamente diversificata con carenza di personale un po’ dovunque ma soprattutto nei reparti di Pronto Soccorso e d’emergenza. Comunque ci si trova sempre in una situazione di contingente minimo. Al Pronto Soccorso di Lonigo ci sono sempre due infermieri sia di giorno che durante la notte e le feste. In altre realtà c’è un elemento reperibile in più per turno per non utilizzare personale infermieristico; per quanto riguarda il turno notturno è prevista una terza unità reperibile”. Focalizziamo l’attenzione sullo straordinario: compensi, orario effettuato. “Le ore straordinarie svolte sono sempre molte e vengono retribuite a blocchi nell’arco di tre anni. Il grave problema è che non vengono pagate come prevede il contratto, in maniera differenziata. La quota economica per ogni ora svolta in giorno festivo o notturno festivo è diversa dall’orario diurno. In quest’Azienda viene pagata come una normale ora diurna. Nell’Azienda di Vicenza, questo non accade. Non siamo rispettati sullo straordinario e cosa peggiore, il nuovo provvedimento del Ministro Brunetta considera detassato solo lo straordinario nel privato ma on nel pubblico impiego. Bisogna pensare che abbiamo colleghi con 150/160 ore di straordinario all’anno. A questo proposito è necessario aggiungere che molti aggiornamenti del personale vengono fatti al di fuori delle 36 ore previste dal contratto impiegando quindi del nostro tempo”. Andrea Bottega ci ha parlato di personale in supporto sanitario: che differenza economica esiste tra voi e gli operatori sanitari? “La differenza è minima. Per svolgere il mio lavoro, oggi, è necessario avere frequentato 3 anni di università ed un biennio di master. Difficile per un operatore raggiungere tale professionalità. Questo genere di operatori hanno più il sapore di un ammortizzatore sociale piuttosto che il senso di risolvere un problema che presenta giorno per giorno difficoltà notevoli. Non è mettendo una persona che si risolve un problema di carenza di personale ma inserendo personale adatto. Ad Arzignano esiste una cooperativa che fornisce all’Azienda gli operatori sanitari quando necessita. Sono extracomunitari e la maggior parte di loro non conosce la lingua. Immaginatevi gli ammalati che parlano il dialetto stretto o anziani in difficoltà di pronunciare qualche frase cosa comporta. Vengono a chiamare noi in supporto, per capirne qualcosa, quindi il problema non è risolto ma appesantito”. A Lonigo come siamo messi? “Carenti di 4 infermieri in medicina e 5 in lungodegenza. Ci sono più operatori sanitari che infermieri”. Anche a Noventa Vicentina, De Marchi Massimo lamenta le stesse identiche condizioni di carenza di personale che abbiamo riscontrato nei paesi dell’alto e medio vicentino.