Il braccio di colline che sfiora Lonigo, dopo pochi chilometri in direzione sud, ospita ai suoi piedi il comune di Alonte. Tale porzione dei colli Berici abbonda di siti archeologici e storici, grotte semisommerse, acque sorgive, di particolare bellezza ed interesse che la rende una meta ambita da studiosi, speleologi e cercatori di fossili. Questa ricchezza naturale sfuma verso la pianura laddove sorge il comune di Orgiano. La sua posizione, particolarmente accattivante cattura di primo acchito l’attenzione del viandante soprattutto per la posizione in bilico tra collina e pianura, un’altalena di scorci che mozzano il fiato in gola. Nel cuore del paese sorge Villa Fracanzan Piovene che con le sue barchesse sembra sforzarsi in un abbraccio materno a protezione degli orgianesi. Passeggiando per Via Romalise o Via Castello, che s’inerpicano sulle colline, si ha come la percezione che ogni pietra, ogni quercia voglia sussurrarci qualcosa, quasi volessero passarci un testimone storico da non dimenticare, da raccontare ogni volta che si presenta la buona occasione. In origine popolata dagli Euganei, dai Veneti e poi dai Celti, la storia di Orgiano inizia con i Romani che nella Gallia Cisalpina sconfissero definitivamente i Celti. Il periodo storico più affascinante di Orgiano è attorno all’anno 1500 quando faide sanguinolente mettevano il terrore in paese. Da prezioso materiale fornitoci da Marco Ferraro, presidente della Biblioteca Civica di Orgiano, abbiamo riportato alla memoria una storia affascinante. Nel 1574, con la legge sul flagrante crimine, il Consiglio dei dieci magistrati di Venezia aveva deciso di intervenire con una politica criminale più incisiva, visto il dilagarsi di tali fenomeni. Fino a tale momento l’intervento del Consiglio dei dieci era stato sporadico e basato sul dialogo. L’instabilità dell’ordine pubblico aveva indotto il massimo organo politico giudiziario a correggere l’attività dei tribunali locali, anche su pressione di vari ambasciatori inviati a Venezia da Brescia e dalla Riviera di Salò con la richiesta di un pronto intervento contro delitti e banditismo. Fu così inviato un provveditore straordinario ma erano solo questi interventi estemporanei a contrastare la criminalità. Presto emerse che il banditismo era legato a potenti lignaggi familiari perciò nel luglio del 1578 tutti i forestieri “che servono a particolari per bravi (latori ed esecutori di violenza)ovvero che accompagnano qualsivoglia sorte di persone particolari con arme”, vennero invitati ad allontanarsi dallo stato, pena l’impiccagione. L’episodio che innescò la reazione del Consiglio fu probabilmente l’uccisione di un membro della famiglia Piovene ad opera di Orazio Godi, appartenente ad una casa rivale. Nel 1579 erano ancora i tribunali locali a concedere la “voce liberar bandito”. Ad esempio se uno commetteva un omicidio, era ricercato ma se a sua volta uccideva un altro con altri omicidi sulle spalle invocava la “voce liberar bandito” ed era scagionato, invocabile anche presentando la testa mozzata del bandito ucciso al fine che fosse riconosciuta presso la “pietra del bando” che esisteva in ogni città. Un breve processo tramite testimoni attestava l’identità del bandito e l’effettiva uccisione da parte dei richiedenti la voce. Anche Orgiano nel 1570 ebbe la sua faida sanguinosa. La famiglia Fracanzan pur non coinvolgendo altre famiglie nobili locali ricopriva un ruolo determinante nel vicariato. Gli Orgiano, i Polcastro, i dalla Banca e i Braccioduro erano altre famiglie di rilievo, spesso imparentate. Le loro case dominicali erano vere e proprie fortezze a difesa dei lignaggi rivali. Nella seconda metà del ‘500 il predominio della famiglia Fracanzan venne minato dall’ascesa dei dalla Banca, discendente da un ramo degli Orgiano la cui fortuna fu costruita inserendosi nell’amministrazione militare veneziana. La crescita repentina dei dalla Banca mise sul piede di guerra la famiglia Fracanzan che vide Francesco, Probo e Settimio opporsi con determinazione cercando nuovi alleati in particolare con la famiglia Orgiano. Il tentativo di seduzione che Giuseppe dalla Banca compì nei confronti della moglie di Settimio Fracanzan costituì un’offesa all’onore. A peggiorare la situazione il violento alterco avvenuto nella chiesa di Orgiano tra Giuseppe e Settimio il quale lanciò una sfida agli avversari “ad singulare certamen”. Il conflitto con i dalla Banca avvicinò la famiglia di Settimio Fracanzan a quella di Teseo Orgiano. La notte del 3 febbraio del 1575 Settimio e Teseo con l’aiuto dell’amico Giacomo Colzè, uccisero in un agguato Giuseppe dalla Banca. Il successivo anno uccisero anche il Colzè temendo una sua denuncia. A suggello della nuova alleanza, nel 1577 il Fracanzan dà in sposa a Teseo la sorella Elena cui il padre aveva assegnato una dote di 5.000 ducati. Fracanzan ed i suoi complici vennero processati dalla Avogaria di comun e le loro azioni classificate come delitti premeditati e aggravati dall’insidia. Settimio e Teseo riottennero la libertà acquistando una “voce liberar bandito”. Dopo la liberazione ristabilirono la pace con i dalla Banca. Un primo matrimonio innescava una violenta faida mentre un secondo poneva ai dissidi una pietra tombale sopra, infatti Margherita figlia di Teseo Orgiano e nipote di Settimio Fracanzan venne promessa in sposa a Virginio dalla Banca, figlio di quel Giuseppe che quindici anni prima avevano ucciso. Da Porto ha ipotizzato che da questa appassionante storia, Alessandro Manzoni abbia tratto l’idea per scrivere “I promessi Sposi”. Difficile stabilirlo, certo è che benché ci trovassimo nel cuore del 1500 il modo lento e a volte discutibile della macchina della giustizia non cambia clichè, un tempo si chiamava “voce liberar bandito” la cui chiave moderna è “collaboratore di giustizia” due modi per pagare un prezzo con la società che a distanza di mezzo millennio variano veramente di poco.