Tre ragazze vivono la stessa odissea e saranno accomunate da un funesto destino. Anna Maria Fagarazzi nasce a Parenzo d’Istria nel 1936, depredata dai partigiani titoisti di tutti gli averi di famiglia, vive l’esodo a soli nove anni. Ne passa altrettanti in campo profughi di Vicenza. Anche Mafalda Codan nasce a Parenzo d’Istria nel 1924; perde sette famigliari infoibati dai titoisti, oggi vive a Bibione. Scrive assieme a Mario Dassovich il libro “I sopravvissuti”. Norma Cossetto classe 1919 è di San Domenico di Visinada, laureanda in lettere e filosofia, viene catturata, seviziata, torturata e infoibata. Aveva 24 anni e la sola colpa di essere italiana.
Anna Maria Fagarazzi, vive a Vicenza ed è consigliere dell’Associazione Nazionale Esuli della Venezia Giulia e Dalmazia. La missione di Anna Maria è quella di passare il testimone della memoria, del ricordo indelebile, di ingiustizie, sevizie e vessazioni subite da parte di una nobile popolazione, agli studenti di ogni ordine e grado, a raccontare loro ciò che i libri di storia per troppo tempo hanno taciuto. Al teatro comunale di Lonigo, è già stata nei mesi scorsi ma promette di ritornare presto tra i nostri ragazzi. Nel febbraio del 2005 fu invitata da Bruno Vespa a “Porta a porta" e chiese a Giulio Andreotti il perché di sessanta anni di silenzio sulla questione istriano giuliano dalmata. "E' stata un'opportunità politica. L'Italia, avendo perso la guerra, doveva pagare alla ex Jugoslavia parte dei danni. Sono state cedute le terre istriano giuliano dalmate. Ciò è servito a tutti i governi per avere rapporti tollerabili con il vicinato” ha risposto lo statista. Negli occhi di Anna Maria, carichi di lacrime si vedono in un vortice di impotenza le urla represse e soffocate di tanti inutili morti, colpevoli solo di essere stati nostri connazionali. Visibilmente scossa porta a galla lucidi ricordi: “Il 18 agosto 1946, nella spiaggia di Vergarolla, presso Pola ci fu un grave attentato, mai rivendicato. Perirono oltre novanta persone. Oggi, dopo oltre cinquant'anni, vengono aperti gli archivi di stato inglesi dove emerge la responsabilità dei partigiani titoisti cui noi avevamo già riposto i nostri sospetti. Era di domenica verso le 14:00, mi trovavo in una colonia diurna americana per bambini; sentimmo una fortissima esplosione e il terreno tremare, poi più nulla. Oggi abbiamo la certezza che i nomi dei tre attentatori erano quelli che noi conoscevamo ed anche i carabinieri che a suo tempo non fecero nulla poiché per il particolare momento storico-politico non era conveniente intervenire. Avevo solo nove anni. Mio fratello Coriolano è nato nel 1948 nel campo profughi allestito a Vicenza. Ha vissuto questa esperienza come se il campo profughi fosse proprio la sua casa. Era un’aula scolastica divisa da un corridoio centrale con 8 box, 4 a destra e 4 a sinistra. Uno per famiglia, sia con un figlio che con 5, quello era lo spazio concesso. Cos’erano per voi le foibe? “Sono circa 1900 entro le quali sono state fatte sparire dalle quindici alle ventimila persone. Foiba deriva dal latino “fovea” cioè depressione naturale. Vittime delle foibe sono stati bambini, donne, civili, fascisti, partigiani italiani tutti coloro che erano contro Tito. La foiba di Basovizza è stata ristrutturata nel 2006 ed oggi è monumento nazionale a fianco del quale è stato allestito un centro multimediale per l'approfondimento della tematica. C'erano degli istriani comunisti che spettavano il paradiso di Stalin e Tito che fornivano ai partigiani titoisti liste complete di nomi da portare in foiba con addirittura scritte le vie, l'interno e la scala. Noi sappiamo chi sono queste persone e ciò che è peggio è che questi o le loro vedove percepiscono, tramite una legge della Tina Anselmi, la pensione. Il nostro stato paga la pensione agli infoibatori. L'uomo non impara mai nulla e le violenze più atroci, l'essere umano le ha subite dai suoi simili. Le foibe per noi erano un incubo quotidiano”. Esistevano campi di concentramento sullo stile nazista in Jugoslavia? “Molto peggio direi. E’ un'isola nel mare Adriatico chiamata isola Calva (Goly Otok) completamente sassosa e priva di vegetazione, una sorta di campo di concentramento dove i prigionieri subivano un trattamento inenarrabile, mirato alla distruzione morale e psicologica dell'individuo. Questo inferno è durato fino al termine degli anni '50. Oltre agli istriani giuliano dalmati c'erano anche dei tedeschi; la gente moriva di malattie epidemiche, torture, violenze di ogni tipo”.