All’anagrafe è Giuliano Cederle nato a Montebello Vicentino l’11 settembre 1947. Tutti lo conoscono come Giuliano dei Notturni, quello che, con “Il ballo di Simone” ha fatto muovere gambe e mani al mondo intero. Nel 1968 un piccolo gruppo di giovani, che aveva assorbito le prime influenze del movimento beat e della rivoluzione musicale si concentra alla ricerca di nuovi orizzonti musicali.
Dalla fine della seconda Guerra Mondiale fino agli anni ’60, musica, arte, letteratura e cultura hanno subito l’influenza dei fenomeni di costume del periodo che ne hanno caratterizzato i risvolti. Questa influenza, apparentemente subita in modo passivo dai giovani è maturata in quella che è passata alla storia come “la contestazione”. Questo evento ha interessato il mondo giovanile americano con il fenomeno della “beat generation” sviluppatosi fra la metà degli anni ‘50 e 60’ con forti concentrazioni a San Francisco e a New York. In Inghilterra nel 1957, nascevano i ”giovani arrabbiati” (Angry Young Men). I loro atteggiamenti ribellistici, provocatori anticonformistici e trasgressivi erano animati da uno spirito critico verso la morale tradizionale. L’elemento che ha unito popoli, culture e differenti strati sociali è stata la musica. Con “Il ballo di Simone”, Giuliano dei Notturni piazza il brano tra i primi dieci più ascoltati nel mondo di ogni tempo. Ancora oggi nelle discoteche e nelle feste di paese si ascoltano i suoi storici pezzi. Resta da capire quale sia il segreto di tanto successo. Giuliano ci accoglie nella sua casa di Montebello Vicentino, il suo volto simpatico ed amichevole ci mette subito a nostro agio. Esiste un segreto per ottenere un successo discografico che si consolida anno dopo anno? “Prima degli anni ’60 la musica era sostanzialmente statica e si ascoltava sempre la stessa, con pochissimo rinnovamento ritmico. Anche i testi erano sempre diretti a storie d’amore che iniziavano o che finivano e i cantanti subivano le pressioni politiche del tempo. Ascoltavano sempre le stesse cose, come il cane che si morde la coda. La vera musica è nata attorno agli anni ’60 quando i media hanno iniziato a prendere piede ed hanno portato le influenze musicali provenienti da America e Inghilterra che hanno dato una scossa al resto d’Europa. Si sperimentava e si ascoltava con molto interesse. Ciò che aveva successo oltre Oceano, come nel mio caso il brano “Simon says” dei 1910 Fruit Gum Co. veniva rivisitato e proposto in Italia”. Perché i brani di quegl’anni hanno ancora successo mentre quelli di oggi durano solo una stagione o poco più. “L’orizzonte che si apriva davanti ai nostri occhi in quel periodo era davvero immenso ed inesplorato, come un grande prato incolto dove poter mettere i nostri semi e così è stato. Era un mondo nuovo che si scopriva lentamente dalle prime emittenti come Radio Montecarlo. Poi con l’immissione nel mercato dei 45 giri i giovani potevano avere accesso alla musica più direttamente con la possibilità di ascoltare anche mille volte lo stesso brano fino ad imprimerselo nella mente. Una volta saturato questo immenso spazio, per gli altri non è rimasto molto da inventare”. Oggi il mercato discografico è in crisi conclamata. Chi vende oggi? “Le case discografiche cercano di piazzare prodotti easy listening. Il Festival della Canzone Italiana di Sanremo ne è un esempio, soprattutto nelle categorie esordienti. Diversamente vendono i big della canzone come Ramazzotti, Battiato, Dalla ecc. Le canzoni di maggior impatto sono sempre i remake degli anni ’60. Un po’ tutti hanno riproposto pezzi di quel fortunato periodo da Giusy Ferreri che ha vinto Xfactor con il brano “Non ti scordar mai di me”, oppure lo stesso Battiato che ha riproposto una canzone super gettonata di Caterina Caselli del 1968 “Insieme a te non ci sto più”, oppure ancora Vasco Rossi che ha riproposto la canzone “La Compagnia” di Lucio Battisti”.