Sonam Dolma Yongshar è tibetana. Nei difficili momenti di repressione cinese del Tibet, sua madre, in cinta di lei, parte a piedi da Rongshar per raggiungere un campo profughi in Nepal organizzato dalla Croce Rossa Internazionale. Strada facendo, nella Valle Solo Khumbo a Chelsa, nasce Sonam e la mamma ora vive a Katmandu assieme ad alcuni suoi fratelli mentre altri vivono in India. La signora Yongshar è in Italia, a Lonigo, da circa un ventennio. Un suo fratello è ministro dell’economia e della finanza e dell’interno del governo in esilio. Nell’aprile del 2008 Sonam decide di partire per il Nepal.
Ai cittadini tibetani in esilio con meno di cinquant’anni non è concesso di poter visitare il loro paese. Solo per gli anziani le autorità cinesi concedono un permesso temporaneo d’entrata, seguiti a vista da agenti in borghese. Il governo di Pechino teme che gli attivisti organizzino manifestazioni. I tibetani, dal canto loro, sanno che quando si spegneranno i riflettori sui giochi olimpici tutto tornerà anche peggio di prima. “Com’è stato possibile, commenta Sonam Yongshar, aggiudicare una manifestazione sportiva di importanza mondiale ad un paese che non rispetta i diritti umani e che adotta ancora la pena di morte anche e soprattutto per reati che in Italia e non solo, definiremmo semplicemente idiozie. Le autorità cinesi utilizzano questo deterrente per spaventare la popolazione. La costante crescita della Cina nei mercati mondiali procura pensiero a molti e i giochi olimpici sono forse stati un pretesto per tendere loro una mano”. Il vice sindaco di Lonigo LucaLazzari propone una simpatica e solidale iniziativa cioè di adottare la bandiera del Tibet. L’ultimo viaggio che Sonam ha fatto a Katmandu risale ad oltre sei anni or sono. In questo momento storico in cui tutto il mondo sta guardando la Cina, i connazionali di Sonam percepiscono che è l’occasione giusta per far conoscere al resto del pianeta cosa questo popolo stia subendo da oltre cinquant’anni. Sonam già da tempo sta lavorando per organizzare un viaggio in Nepal per andare a trovare la mamma, senza avvisarla per farle una sorpresa ed in aprile questo progetto si realizza.
Il viaggio è stato tranquillo e Sonam finalmente incontra sua madre certamente sorpresa. La nostra intrepida compaesana non resiste allo spirito patriottico ed assieme a Ugen, un amico attivista rifugiato, fa un giro in motocicletta per la capitale. E’ determinata a vedere l’ambasciata cinese che per molte volte aveva visto alla tv dove i suoi connazionali venivano presi a manganellate solo per avere manifestato pacificamente. Ugen cerca di dissuaderla poiché è pericoloso ma Sonam è una turista e soprattutto una cittadina italiana. Scende dalla moto davanti all’ambasciata mentre il suo compagno cerca parcheggio più avanti. In un attimo lei viene circondata da15/20 agenti armati di sfollagente. Un comandante le chiede i documenti ma finge di non capire. A gesti il comandante riesce ad esprimersi. Esibisce il passaporto italiano ma lui non contento le chiede cosa stia facendo in quel luogo off limits. “Turismo e vacanza” risponde decisa. Sonam gli mostra anche il biglietto aereo. Il comandante scambia qualche parola allo walkie talkie mentre riconsegna i documenti e le milizie cominciano ad indietreggiare salvo tre di loro più il comandante che la fissa, non convinto. Sta per arrivare il suo amico ma Sonam con una mimica facciale riesce a far intendere al compagno di tornare indietro. Accelerano il passo, lei si gira per controllare la situazione ma due li seguono, in un baleno fanno uno scatto e dietro ad un angolo si infilano in un ristorante per nascondersi. Sembrava la scena di un film di spionaggio. “Acquattati nel locale, racconta Sonam visibilmente scossa, avevamo il cuore che ci scoppiava nel petto, dalla finestra si intravedevano i militari che si guardavano attorno perplessi come per capire dove fossimo finiti. Chiedemmo di uscire dal retro e fuggimmo via”. Strada facendo Ugen le spiega che le milizie non hanno scrupoli e nulla importa loro se uno è cittadino americano piuttosto che inglese o italiano. “Ti portano via e ti rilasciano dopo giorni, commenta Ugen, in condizioni pietose”. Sonam non si perde d’animo. Entra in una piccola bottega dove un ragazzino sta armeggiando con un personal computer e per un euro riesce a farsi fare una finta tessera stampa gialla con scritta nera plastificata, in borsa aveva una vecchia foto tessera ed il gioco è fatto. Con la tessera attaccata con un nastrino al collo ha iniziato a girare per le manifestazioni e alla prima occasione di tafferuglio la tessera “press” ha avuto il suo effetto, infatti, afferrata malamente per un braccio da un agente, ha saputo con una mossa nervosa scrollarselo di dosso e mostrare il falso tesserino. La presa è stata mollata e lei ha continuato nel suo viaggio scattando foto molto eloquenti. “Ci sono molti infiltrati, continua Sonam, e questo penalizza la nostra causa, soprattutto qualche connazionale che lavora per loro, sicuramente sarà ricattato o coercizzato ma è così purtroppo. Qui si organizzano le manifestazioni tramite l’utilizzo di sms, 3 minuti prima con un gran passaparola altrimenti salta tutto perché intervengono i poliziotti grazie alle spie”. Poche e frammentarie le notizie che escono dal Tibet. Moltissimi monaci, rinchiusi nei loro monasteri sono già morti di fame e molti civili sono stati fatti sparire. Non hanno più fatto ritorno a casa. Si parla di oltre 400 persone e i cinesi deturpano i cadaveri e spesso li bruciano per renderli irriconoscibili e non restituirli alle loro famiglie per i rituali funebri della cultura tibetana. Sonam assieme ad alcuni amici sta organizzando una serata che sarà dedicata all’attuale situazione del Tibet oggi, mostrando un breve filmato ed una serie di slides che lasciano senza parole.