Come l’Araba Fenice che si nutriva di perle d' incenso viveva per 500 anni per poi ardere sul rogo e quindi rinascere dalle sue stesse ceneri più pura e più bella.
Singolare iniziativa della Pro Loco di Montorso, che sta cercando di riportare in auge un’antica ricetta, molto usata dai nostri antenati. Si tratta di un piatto povero, le cui radici storiche vengono da molto lontano. Stiamo parlando delle Verze in Composta che sembrano sussurrarci “Biarn soin Cimbarn” (noi siamo Cimbre). Fu probabilmente una carestia verificatasi nel Sud della Baviera nel XII secolo presso Benediktbeuern a costringere i Cimbri alla migrazione nelle nostre terre. I Vescovi di Padova e Vicenza, assieme ai Benedettini patavini, molto legati ai confratelli di Landschut, hanno agevolato la venuta di queste genti nelle montagne vicentine, trentine e veronesi. Hanno così avuto origine i sette comuni dell’Altopiano di Asiago, i tredici comuni della lessinia, Folgaria, Tonezza, Lavarone e Luserna. Ancora oggi restano diversi masi a testimonianza della loro presenza e non è l’unica eredità che ci hanno lasciato. Molti cognomi hanno una chiara derivazione cimbra, così come l’etimologia di diversi termini di uso quotidiano ed alcune persone che parlano ancora l’antico idioma che Mussolini, in tempi bui, aveva cercato di estirpare imponendo ai maestri del tempo di insegnare ai bambini solamente l’italiano. Grazie all’intraprendenza del Presidente della Pro Loco di Montorso, signor Giuseppe Iposi e del cuoco dell’albergo ristorante Giulietta e Romeo, signor Maurizio Nori che sta tornando alla ribalta una ricetta degna di attenzione. Infatti, ci spiega il cuoco, Montorso è l’unico posto delle nostre zone dove la storia e la tradizione vedono i nostri antenati cimentarsi sulla conservazione delle verze sotto composta. Le famiglie contadine coltivavano le verze, le più belle venivano vendute ai mercati, mentre, gli esemplari meno riusciti venivano mondati, tolte le foglie esterne più brutte e tagliate a metà o in quattro a seconda della loro grandezza. Si procedeva quindi ad una scottatura per due o tre minuti in acqua salata, alla quale si aggiungeva della graspìa (mosto fermentato ed annacquato) nel nostro vernacolo conosciuta anche con il nome di “vin picolo”. Una volta scolate e raffreddate, si riponevano a strati in un contenitore aggiungendo ad ogni strato del sale grosso, coprendo il tutto con delle foglie più voluminose. A questo punto si inondava, annegando il tutto di graspìa e disponendo dei pesi sopra al prodotto per impedirne l’affioramento. Le composte si potevano consumare dopo quaranta giorni. Visto che la graspìa si ottiene dalla vite, viene naturale pensare che fosse una ricetta delle zone pianeggianti o lievemente collinari, certamente non superiore ai 600 metri dove la vite non esiste. Iposi aggiunge che il loro intento è quello di far risorgere dalle ceneri della storia un prodotto che lentamente stava scomparendo, soffocato da una globalizzazione sempre più incalzante. Stiamo in questi giorni registrando il marchio della ricetta per evitare che altri possano reclamarne la paternità. Le verze in composta si accompagnano egregiamente al cotechino, più noto come musetto con le composte, tra l’altro piatto tradizionale di Montorso. La verza in composta resta comunque un piatto antico che riserva sorprese nuove poiché va sperimentato con altre soluzioni gastronomiche il cui risultato è sempre imprevedibile. L’utilizzo è vario, basti pensare che è appetitosa anche la degustazione con la pasta sfoglia e composte, scaldate al forno, ne escono dei bocconcini deliziosi con l’aperitivo, oppure un rotolino ripieno di ricotta e composte è un ottimo antipasto, specialità che abbiamo battezzato col nome “ rotolino Da Porto “, lo abbiamo chiamato così perché siccome una volta i Conti Da Porto erano i Signori di Montorso e quasi tutti lavoravano alle loro dipendenze, quindi erano entrati fortemente nella quotidianità del paese, ci piace romanticamente e simpaticamente pensare che anche mangiando, questa povera gente pensasse ai loro datori di lavoro. Per quanto riguarda i primi piatti la verza in composta viene utilizzata assieme al gnocco dolce di Montorso che viene elaborato con patate americane, si procede a far saltare in padella assieme ad una noce di burro, gnocco e composte ed il contrasto di sapori che ne risulta è solo da provare. Abbiamo effettuato un esperimento anche con la trota, il risultato è soddisfacente ma siamo ancora in fase di elaborazione. Un altro dei nostri piatti forti è il coniglio di San Biagio in agrodolce con le composte. Abbiamo ancora qualche riserva per ufficializzare un vino da accompagnare alle composte, siamo alla ricerca di un vino possibilmente vicentino che sia asciutto, di buona struttura per dare il giusto contrasto al prodotto che si presenta di per se acido. Pensiamo ad un rosso, Merlot o Cabernet ma stiamo valutando. Comunque è possibile assaggiare tutte queste leccornie sabato 4 per giornalisti e tecnici del settore e domenica 5 febbraio per tutto il pubblico, presso la Villa Da Porto dove sarà allestito un tendone e con la modica cifra che si aggira attorno ai 25€ circa, sarà possibile soddisfare tutti questi peccati di gola. Per chi volesse darne adesione o saperne di più i contatti sono i seguenti: Gastone Modini, cellulare 335/7425635, mail gasvitsas@libero.it. Oppure Maurizio Nori, 0444/686188, mail norivice@libero.it, oppure ancora il numero della Pro Loco che è 333/6845034.
Allo stato attuale non è semplicissimo procurarsi le composte poiché i produttori si contano sulle dita di una mano ma stiamo anche cercando di promuovere attraverso l’Associazione Coltivatori la rinascita anche di questa pratica affinché chiunque abbia un piccolo orto possa sperimentare di persona. Come abbiamo visto non servono molte cose per le verze in composta, un vecchia tinozza per immergere il tutto e conservare in luogo fresco ed in penombra.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica all’iniziativa abbiamo informato diversi mass media tra giornali e televisioni, siamo ancora in una fase embrionale e aspettiamo il riscontro del grande pubblico. E’ nei nostri progetti tentare di coinvolgere la Provincia o la Regione per la presentazione ufficiale delle verze in composta, ma siamo in attesa di avere qualche riscontro concreto.
L’obbiettivo cui auspichiamo è che le verze in composta siano portate a conoscenza capillare e che possano diventare un riferimento culinario del periodo invernale che si articola da dicembre a febbraio.
Una notizia che ha il sapore dello scoop che ci vuol regalare Maurizio Nori è che stanno mettendo a punto dei formaggi freschi sotto composta da abbinare alle verze. Si tratta del “Re di Montagna” un formaggio, che ricorda l’Asiago, di un piccolo caseificio di Altissimo non pressato e stagionato tre mesi. Un altro formaggio che sperimentiamo è un provolone di pasta filata di produzione locale. E’ necessario che abbiano una crosta porosa quindi permeabile per fare assorbire la composta. Il risultato di questi esperimenti li scopriremo in quei due giorni che per noi sono un vero banco di prova. La verza in composta è un piatto che vive il tempo di una farfalla in quanto lo spazio per degustarlo e per collaudare nuove ricette, come abbiamo detto è molto concentrato, circa un’ottantina di giorni. E’ necessaria quindi una continua e proficua sperimentazione per migliorarne l’assetto.
Nei prossimi giorni, ci racconta il cuoco Nori, andrò fino in Provincia a portare degli inviti per la presentazione di febbraio e per richiedere la partecipazione della scuola alberghiera di Recoaro, invitare quindi il corpo docente ed il Preside per fare in modo che possano insegnare ai giovani anche questa ricetta, patrimonio culturale del nostro popolo..
Nonostante tutto questo impegno profuso da parte del presidente Iposi, del cuoco Nori e di tutti quanti si stanno prodigando per un risultato soddisfacente, l’Amministrazione Comunale non contribuisce economicamente, rimane a guardare in attesa di sviluppi. Commento ai miei ospiti che mi sembra troppo semplice che l’Amministrazione lasci andare allo sbaraglio un’iniziativa che può riscuotere risultati ambiziosi e raccoglierne eventualmente i frutti una volta raggiunto l’obbiettivo. Mi ricorda molto la storia di Goodyear che fece lunghe ed estenuanti sperimentazioni sulla gomma. E una volta raggiunto per caso il risultato della vulcanizzazione cui nessuno credeva, non ebbe la cura di depositare il brevetto del prodotto demotivato poiché nessuno credeva nella sua genialità. Ciò fece la fortuna di Hancock che ne raccolse i risultati . Riteniamo sia importante per noi e per i nostri figli salvaguardare le nostre tradizioni, comunque, sempre sotto l’egida delle istituzioni che dovrebbero farsene una bandiera.
La Pro Loco di Montorso è una piccola entità, il paese conta solo tremila anime e non dispone di grandi risorse economiche per cui va da se che le risorse economiche sono da ricercarsi altrove. Anche l’impegno di un ristoratore come il Signor Neri non è auspicabile che vada oltre certi limiti, si confida quindi in un recupero in extremis da parte del Palazzo Comunale.