Dicono che la morte sciolga

ogni cosa, tranne 

i pensieri che rimarranno in eterno, tramandati, raccontati, scritti,

ma restano.

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L'Eskimo

L’Eskimo, indumento che ha accompagnato studenti ed operai durante la Rivoluzione del 1968

Il ‘900 è stato un secolo che, sotto ogni forma espressiva, ha contribuito a stupire, nel bene e nel male, nei più disparati settori. In questi cento anni si è consumato l’orrore dell’olocausto. Per la prima volta sono accadute molte cose, ad esempio è stata fatta esplodere la bomba atomica su due cittadine del Giappone, l’uomo ha posato il piede sul suolo lunare. Due guerre mondiali che hanno causato milioni di morti. Nel 1956 alcuni rivoluzionari cubani tra cui Fidel Castro ed Ernesto Guevara detto il Ché, partivano dalle coste del Messico a bordo della nave “Granma” per raggiungere e liberare Cuba. Negli anni sessanta il fenomeno Beatles e poi la rivoluzione del 1968 che ha riscritto pagine importanti della società. Più recentemente gli anni di piombo, il berlusconismo, fino ad arrivare all’attacco terroristico in casa degli americani. Ogni singolo evento ha lasciato un segno profondo nelle nostre coscienze e spesso, a distanza di tempo, ci si ricorda di quanto accaduto poiché a suo tempo fu caratterizzato da qualche simbolo che nel tempo è durato. Oggi, tali eventi vengono ricordati su magliette, come il volto del Ché, oppure per mezzo, di spille, distintivi, autoadesivi, poster o musiche. Un capo d’abbigliamento che ben inquadra un periodo, storico sociologico, importante soprattutto per il nostro paese è l’eskimo che è un giubbotto con cappuccio bordato di pelo, di fattura semplice, che porta il nome degli abitanti del circolo polare artico. Particolarmente indossato dagli studenti, è un modello di eskimo, con interno in pelo sintetico, indossato durante le rivolte studentesche, appunto del 1968, in cui veniva usato come simbolo di proletariato, poiché di prezzo accessibile alla fasce meno abbienti. Inizialmente in vendita in negozi di articoli ex militari e simili, ben presto trovò spazio nelle botteghe specializzate nelle vendite di jeans, bancarelle di mercato, fino a diventare un indumento di largo uso. Negli anni a venire, l'eskimo diventò un segno di riconoscimento della controcultura in cui si riconoscevano i militanti e i simpatizzanti di sinistra, assieme alla kefiah palestinese annodata al collo, introdotta successivamente nell'uso. L'eskimo era un giaccone impermeabile di semplice fattura, lungo fino alle ginocchia o mezza coscia, dotato di cappuccio e larghe tasche e chiusura a lampo, ai polsi una maglia elastica ne garantiva la tenuta termica; la sua colorazione più comune era verde militare, ma era presente anche nella variante blu scuro e nocciola chiaro. Tale indumento è diventato un’icona così caratteristica e simbolica di una classe sociale e dell'ideologia politica degli anni settanta, al quale Francesco Guccini ha intitolato la sua canzone “Eskimo”. Purtroppo questo indumento è ormai fuori produzione da parecchio tempo ed è possibile recuperarne qualche pezzo nei negozi vintage. Già che di moda, prima o poi torna tutto, auspichiamo che il prossimo a tornare sia proprio l’eskimo.