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 Dicono che la morte sciolga

ogni cosa, tranne 

i pensieri che rimarranno in eterno, tramandati, raccontati, scritti,

ma restano.

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Per chi suona la

“Battocchia”

Giugno 2011

Non sempre siamo consapevoli del valore di alcune persone che abitano poco lontano da noi. Ciò accade quando le stesse sono dotate di grande intelligenza e umiltà. Parliamo di talenti naturali, persone che si sono costruite con sacrificio e in tempi non sospetti. Talvolta si tratta di imprese, impensabili per i giorni nostri. Certo, i tempi sono cambiati, oggi ci aiuta molto la tecnologia, internet, le opportunità ipocrite e fasulle offerte dai media, agenzie di spettacolo che ingaggiano senza scrupoli cani e porci promettendo guadagni e successo facile. Beh il nostro compaesano Arturo Battocchia ha fatto la gavetta, i sacrifici. 

Ha poi avuto la grande soddisfazione di suonare con i big della musica nazionale e non. Eppure, Arturo, gironzola per il paese in bicicletta ed ha un sorriso ed un saluto per tutti. Parla con chiunque ed ha sempre qualcosa di interessante da raccontare. Ho avuto modo di conoscerlo per motivi giornalistici nel 2008 presso la redazione della testata con la quale collaboravo a quel tempo. Gli feci un’intervista circa il suo trascorso di musicista. Da subito ebbi la percezione netta di avere di fronte a me una personalità importante e preparata. Lui parlava ed io ascoltavo e prendevo appunti, scrivevo. Era un torrente in piena che aveva tantissime cosa da raccontare. Rincontrai Arturo quando fui convocato per dare vita a “La Fonte” e si costituì la piccola ma efficiente redazione. 

Pur essendo consapevole delle proprie capacità, Arturo ha chiesto di potersi occupare della distribuzione di La Fonte e delle pubbliche relazioni. Inutile dire che il suo contributo è insostituibile, anche se, io per primo, avrei immenso piacere che ci raccontasse qualche aneddoto del suo passato musicale. Simpatico, estroverso, sempre con la battuta sottile e arguta, Arturo è un faro insostituibile per la redazione. Prima di proporvi l’intervista che ebbi modo di fargli nel 2008 vorrei aggiungere un’ultima cosa: Arturo non sa che la redazione di La Fonte ha voluto questo articolo per lui, quindi non si tratta di un’autocelebrazione ma della ferma volontà di questo gruppo di dare ad Arturo quello che è di Arturo. E’ il nostro umile modo, come lui ci insegna, di ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per Almisano e che sta facendo per noi. Di seguito l’intervista integrale avvenuta nel novembre 2008.

Arturo Battocchia, almisanese, è stato negli anni sessanta uno dei pionieri della musica delle nostre zone. Ha suonato e cantato con numerosi artisti importanti come Fausto Leali, l’Equipe 84, Caterina Caselli, Lucio Dalla, Gianni Morandi, i Giganti e molti altri. Le differenze tra ieri e oggi per accedere ad una certa visibilità televisiva.Mi ricordo quando agli inizi degli anni ’60 andavo a registrare a Milano a casa di Carlo Alberto Rossi, sua mamma mi adorava e ho davanti agli occhi quando mi apriva la porta. Carlo Alberto, negli anni ’50 è stato il fondatore della Casa Editrice Ariston e in oltre quarant’anni di carriera ha composto oltre 600 temi cantati dai più grandi artisti del mondo come Mina, Bing Crosby, Pat Boone, Tom Jones, Nat King Kole e molti altri. Quando a quei tempi si andava a suonare in sala di registrazione, non avevamo nessuno alle spalle che ci desse una mano, una spintarella. Avevamo solo la nostra preparazione musicale, la nostra passione e null’altro. Oggi i ragazzi non hanno cultura musicale, pochi hanno studiato lo strumento e per accedere alle varie sale, spesso hanno bisogno di essere “aiutati”. 

Lei ha avuto una vita da professionista per circa tre anni. Quali sono state le difficoltà maggiori e perché ha lasciato? Durante le serate, vedevo i miei colleghi, anche importanti come Lucio Dalla, Renato Zero e molti altri che cantavano e basta, non avevano altra preoccupazione che quella. Io oltre che cantare dovevo anche mettermi a contrattare le serate e non potevo fare l’una e l’altra cosa. Non potevo essere imprenditore di me stesso. Questa è stata la difficoltà incontrata e il motivo principale per cui ho abbandonato. Spesso si prendeva il treno per andare a Milano a provare in sala d’incisione e si rientrava alla mattina presto e poi al lavoro, era una sfacchinata. Oggi i ragazzi provano nei garage, con l’avvento dell’informatica ed il potenziamento tecnologico, ognuno può farsi un prodotto accettabile in casa”.

Il successo discografico sembra oggi essere ancorato al rispolvero delle cover. E’ già stato detto tutto in campo musicale? Magari proprio tutto no, ma molto si, ci sono nuove proposte veramente azzardate, autentico baccano e poche iniziative apprezzabili. Chi non ha la cultura musicale oggi, si avvale di software dedicato e con un minimo d’impegno riesce a fare qualcosa. Si sta sconvolgendo un passato meraviglioso di musica pura. Molti cantanti famosi hanno fatto ricorso alle cover, non solo gli emergenti e il motivo fondamentale è che la musica di una volta aveva dentro l’anima, le note, la melodia, la passione e soprattutto il sacrificio. Oggi si vuole tutto e subito senza sforzo”. 

Dalla rivoluzione dalla musica classica di inizio secolo al rock di oggi, poco meno di 100 anni di esagerata evoluzione per dire già tutto. Com’è possibile. La musica classica è da sempre stata per palati raffinati e si scriveva su commissione spesso per la monarchia di un tempo, vedi l’esempio di Mozart. E’ stata un’evoluzione, un passaggio anche se il rocker pentito degli ex Police, Sting, sostiene che sia stata una “nullità reazionaria”, lui, che da tempo è proiettato verso le opere di Bach. Fra questi due estremi la storia ci racconta di una musica nata mixando il blues nero e il country bianco. Il cantante del Michigan Bill Haley con la canzone “Rock around the clock” sarebbe stato alla base di uno sconvolgimento musicale epocale. “One, two, three ‘o clock, four ‘o clock, rock” così la chitarre di Bill Haley sconvolsero una platea di un cinema londinese a cui seguirono ferimenti, svenimenti e vandalismi. Era cominciata la pandemia del rock’n’roll. In Italia avevamo Natalino Otto, Nilla Pizzi, Gino Latilla, Claudio Villa, tutti autentici cantanti. Dagli States giungevano, grazie all’avvento dei media, Chuck Berry, Fats Domino, B. B. King fino a giungere al “shake it, baby” di Elvis Presley. Secondo me non importa stabilire se si tratta di arte, ciò che è da considerare è il modo in cui comunica. La gente era stanca della guerra, di fare gli yes men e voleva la libertà della persona sotto l’espressione musicale”.