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 Dicono che la morte sciolga

ogni cosa, tranne 

i pensieri che rimarranno in eterno, tramandati, raccontati, scritti,

ma restano.

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Maestro

Maestro, sommo Maestro.

Diffusore di pace e fratellanza. Portatore sano d’amore.

Maestro che vivi in tutti ed in nessuno, amato e odiato.

Che hai raccontato della vita come di un sollucchero divino,

un dono irripetibile, un’occasione da non perdere.

Hai insegnato ad accettare con pazienza la sofferenza.

Tu che per me hai immaginato una vita difficile,

tu che mi hai dotato di acuto intelletto,

che hai visto in me un’avanguardia.

Tu che per questo sapevi che sarei stato diverso tra gli uguali.

Così ho scoperto la mortificazione, l’umiliazione, la tristezza,

il perdono, la muta sofferenza, la riflessione. Il dolore.

Non sono persona degna di tante attenzioni,

non credo nella resurrezione, non credo in te, nella tua bontà, Maestro.

Dimmi che cosa vuoi da me, cosa ti aspetti che io sia.

Per quanto pensi che una persona piccola come me,

possa sopportare, possa accettare e perdonare.

Cosa ti fa pensare che sarò sempre remissivo.

Che reagirò sempre con un sorriso, carico di amarezza

ma pieno di profondo sdegno in un mondo che non mi appartiene.

Maestro, che cosa vuoi da me, cosa ti aspetti.